Next Gen: ho iniziato a guardarlo con estrema sufficienza motivata dal trailer. Una co-produzione Netflix-Alibaba con soldi e attori americani per un film d'animazione cinese in cg che, per soggetto e visual, molto più che sembra un clone Pixar.
Netflix e il suo pseudo pixar cinese, ah ah.
Fin dai titoli di testa, questo preconcetto viene parzialmente modificato: tutto ciò che manca a Next Gen in originalità del design e della storia, è più che ampiamente compensato dalla diversità della scrittura, se non proprio dalla qualità della scrittura.
Next Gen è più specificamente young adult: non aspira a essere produzione per tutti, alla Pixar, ma punta decisamente su quei toni da fiction.
Nell'introduzione ci viene presentata una famiglia felice: padre, madre e figlia. Padre e madre litigano, padre abbandona la famiglia, madre comincia a ignorare sistematicamente la figlia per dedicarsi ossessivamente al consumo di tecnologia.
Figlia cresce piena di rabbia e risentimento verso i genitori, rabbia che si canalizza in modo volutamente (da parte degli scrittori) confuso verso i robot.
Il setting ci presenta una società piena di robot: tutto è robotizzato. Ogni persona ha un piccolo e simpatico robot assistente, e l'uomo più importante del mondo è un chiaro clone di Steve Jobs: la sua Apple mette un robot in ogni casa, ogni anno ne tira fuori di (relativamente) nuovi.
Ovviamente è il malvagio. Apple vuole uccidere tutti.
Eh sì. Il piano del cattivo è letteralmente uccidere tutta l'umanità perché imperfetta e far ereditare la Terra ai robot.
La storia di Next Gen è un po' Wall-E, un po' I, Robot, e molto Big Hero Six (o almeno, molto Baymax).
Il Wozniak di turno, infatti, crea un super robot buono armato fino ai denti appositamente studiato per fermare la minaccia di Jobs e dei suoi robottini carini carini e letali.
Questo robot, però, finisce nelle mani della protagonista. Non è un personaggio positivo: la protagonista raggira il robot, appena attivato e innocente, e lo usa per vendicarsi di ogni sopruso reale o immaginario, seminando distruzione insensata in giro per la città.
Questo non è il dark di Burton, è il dark pulp di tutte quelle storie con giovani che combattono per colpa di adulti malvagi.
La protagonista rimarrà negativa fin quasi alla fine del film.
Lo svolgimento di tutta questa situazione non procede nei modi migliori: è altalenante e i toni si alternano in modo confuso, ma non è un brutto effetto. Volontario o no, è metafora della confusione della protagonista: incerta se ridere ottimisticamente alla Pixar, o discendere in una spirale di violenza garantita dal suo onnipotente compagno.
Next Gen è firmato alla regia e alla sceneggiatura da una coppia che ha lungamente lavorato nell'animazione americana, ma è sostanzialmente esordiente in questi ruoli in una grossa produzione.
Il combattimento finale è ancora una volta inaspettato: sembra un film occidentale ma non lo è. Il combattimento finale lo dimostra ampiamente con sequenze d'azione che starebbero benissimo in un anime robotico: dinamiche, violente. C'è un combattimento finale e non è assolutamente da ridere.
L'animazione è di qualità: non è eccezionale ma è decisamente sugli stessi livelli delle produzioni Pixar per l'home video. E' un grosso complimento.
Il finale è agrodolce. C'è un buon finale ma c'è anche sacrificio.
Next Gen avrebbe meritato una campagna marketing più efficace.
Le voci americane sono di Krasinski per il robot buono, Ruby di Steven Universe per la protagonista, Sudeikis per Jobs e Michael Pena per il personaggio comico che non ho citato perché totalmente inutile.
E' un film pieno di idee validissime e sorprendenti, tecnicamente superiore alle aspettative, in generale ben realizzato che soffre di una sceneggiatura un po' incasinata e priva dell'esperta precisione delle produzioni americane.
SPOILER SPOILER SPOILER
Alla fine si scopre che Jobs non è malvagio: Jobs è morto ucciso dalla sua ultima creazione robotica che ne ha rianimato il cadavere e lo tele-controlla. DARK!
Il robot buono vince ma la sua memoria viene cancellata e, di fatto, muore. Nell'epilogo, la protagonista (adesso buona buona) vuole fargli vivere una buona vita senza violenza.