The Long Way to a Small, Angry Planet (Id, 2015): le recensioni erano state buone fin dall'uscita, fonti molto diverse tra loro per gusti e target l'hanno indicato tra i migliori romanzi dell'anno, e se l'avessi letto l'anno scorso sicuramente lo sarebbe stato anche per me.
Nonostante sia scritto da una donna, con una protagonista donna, e sia quindi la bandiera rossa del mio sessismo letterario, il romanzo di debutto di Becky Chambers pubblicato da Tor è un gioiello.
Partiamo dalla storia e dal setting: futuro spaziale simile, giusto per dare un raffronto recente, al primo Mass Effect. Lo spazio è dominato da un'Allenza di diverse razze aliene, ci sono anche gli umani ma in una posizione subordinata: non al comando, neppure le ultime ruote del carro.
I nostri protagonisti sono l'intera crew della Wayfarer, costruttori di wormhole, onorevole e onorabile professione di servizio spaziale: i nostri vanno in un posto con la loro astronave, usano un particolare strumento per aprire un buco nello spazio, navigano nel (chiamiamolo) iperspazio per un po', fanno un altro buco e si accertano di collegare le due estremità con le apposite porte.
Il romanzo inizia con l'arrivo sulla Wayfare di Rosemary, giovane donna in fuga da qualcosa, senza esperienza spaziale, volenterosa e generalmente di buone qualità: qui notiamo la prima piccola ingenuità del romanzo, una giovane e inesperta protagonista creata apposta per l'identificazione del lettore, non esattamente un trucco nuovo per consentire la spiegazione del setting.
Poco dopo l'arrivo di Rosemary, la Wayfarer si vede offrire il lavoro più importante della propria storia: aprire un wormhole tra lo spazio dell'Alleanza e il centro dell'universo dove vivono alieni un filo bellicosi in trattativa per diventare membri delle razze elette. Per vari motivi, per fare questo, la Wayfarer dovrà affrontare un lungo viaggio spaziale fino al suddetto Piccolo Pianeta Arrabbiato.
Il viaggio sarà ricco di eventi ma non aspettatevi battaglie spaziali e grandi drammi da space opera, qui siamo più in linea con il Minatore dello Spazio e Planetes: scene di vita vissuta nello spazio colonizzato.
L'accento del romanzo è chiaramente posto sulla caratterizzazione dei personaggi e le loro relazioni interpersonali, qualcosa di molto femminile (se volete) ed estremamente gradevole da leggere.
La struttura narrativa è elegante: si comincia con un'alternanza secca di capitoli tra i personaggi più all'opposto dello spettro, la giovane Rosemary e il capitano/proprietario della Wayfarer; proseguendo, la struttura si amplia per inglobare anche le voci degli altri personaggi; sul finire, la narrazione diventa essenzialmente corale.
Avvincente e assolutamente preziosa nella realizzazione: l'unica pecca è un'altra piccola ingenuità nello sviluppo successivo delle storie. Il romanzo segue un'impostazione televisiva dove ogni storia viene organizzata a mo' di episodio con un inizio, svolgimento e fine; ognuno dedicato essenzialmente a un tema o a un personaggio specifico.
E' la classica sindrome di Star Trek a cui è molto difficile sfuggire: non è veramente un difetto ma rende la lettura un po' ripetitiva.
Tutto ciò compone un raro caso di squisito world building dove professioni, economia, etica e razze aliene confluiscono in un universo di notevoli proporzioni, ben impostato e coordinato... anche qui non si brilla certo per originalità, e anche qui si vede un certo tocco Bioware, ma è la qualità della realizzazione ad aggiungere il tocco in più.
La lingua della Chambers è di gran qualità fin dall'inizio, tanto nella composizione quanto nei contenuti: ci sono paginate di monologhi, riflessioni e classici estratti da meta-letteratura interna al romanzo. Tutti, senza esclusioni, validi e precisi, non troppo lunghi, non troppo intricati: si esprimono concetti di vita di tutti i giorni e altri più universali, lo si fa con un linguaggio particolarmente curato e piacevole.
Si percepisce un'attenzione molto sopra la media alle parole e al loro ordine, alla costruzione dei periodi. Chiaramente un valido soggetto per la brutta distinzione di literary scifi.
Il finale è compiuto ma aperto a una possibile ripresa, leggermente troppo drammatico per i miei gusti ma è in linea con il senso di quanto espresso per tutto il romanzo: le relazioni sopra gli eventi.
Non potrei leggere romanzi come questo uno dopo l'altro, ma certamente farò caso al nome dell'autrice per molti anni a venire, sperando di avere presto un'altra occasione di leggerla.