The Imitation Game: è un bel film. Quanto bello dipende da quanto conosciate Benedict Cumberbatch: avete guardato/seguite il suo Sherlock? Se la risposta è positiva il film è meno bello perché l'Alan Turing rappresentato in qui è lo Sherlock di Cumberbatch con un cambio di costume, se la risposta è negativa... bello e basta.
Tralasciando il desiderio americano di portare la quintessenza del fenomeno Cumberbatch a Hollywood, the Imitation Game racconta la vita di Alan Turin in maniera un po' più eroica e fondamentale di quanto sia stata in realtà.
...da patito di fantascienza il nome di Turing mi è tutto fuorché ignoto, non sono un super affezionato della mitologia dietro il padre (anche qui reale o meno) dei computer, ma è certamente, popolarmente amato dai nerd di tutto il mondo al pari di Tesla e pochi altri.
Circa basato sulla biografia scritta da Andrew Hodges, il film diretto da Morten Tydum (regista norvegese all'esordio USA) presenta la vita di Turing lungo tre binari paralleli ma frequentemente intersecati: c'è il Turing bambino prodigio, c'è il Turing al soldo del governo inglese per decifrare Enigma, c'è il Turing dopo la guerra perseguitato per omosessualità. La narrazione alterna in modo espressivo fatti da una all'altra linea temporale, spiegando traumi ed evoluzioni del personaggio in modo diretto, fortunatamente non pedissequo.
Un altro esempio di quanto stia diventanto frequente nel cinema americano vedere esempi di editing creativo come sinonimo di regia impegnata.
Il Turing del film vince da solo la Seconda Guerra Mondiale e Inventa i Computer, il Turing del film è, avendo vinto la Seconda Guerra Mondiale e quindi stabilito il nuovo ordine mondiale e avendo Inventato i computer e quindi stabilito il nuovo ordine sociale/culturale mondiale, l'uomo del secolo se non del millennio. E' un supereroe con un vizietto.
Il film perde peso e intensità nella sua parte conclusiva, il vizietto di Turing è trattato in modo abbastanza superficiale e ci sono tentativi scarsamente riusciti di critica sociale: lo stesso approccio portato a buon fine nel presentare la visione della donna in quegli anni, incarnato dall'anticonformista personaggio di Keira Knightley, fallisce nell'affrontare l'omofobia machista anti-comunista del dopo guerra.
Segnalo il piccolo ruolo di Mark Strong, probabilmente il ruolo meno da cattivo di tutta la sua carriera.