Revenant (Id, 2002): nonostante il titolo in inglese, l'edizione che ho letto è quella italiana di Einaudi.
L'autore di questo romanzo non è uno scrittore, non più. Michael Punke è un piccolo politico americano attualmente in Svizzera per una qualche missione diplomatica commerciale chissenefrega.
Tra la fine degli anni '90 e i primi del '00 fu però scrittore, oltre del presente romanzo, di una serie di testi storici dedicati all'esplorazione della frontiera americana nella prima metà dell'Ottocento.
Questo suo romanzo del 2002 è stato però inaspettatamente scelto dal super hot regista di Babel e Birdman, Alejandro Gonzalez Inarritu, come base per il suo prossimo film... e Punke sta per diventare un famoso scrittore.
Data la passione storiografica del suo autore, il marketing di Revenant lo spaccia come 'la vera storia di Hugh Glass e della sua vendetta'; lo stesso Punke, in un'onesta nota a fine romanzo, specifica esattamente quanto e cosa sia realmente documentato/documentabile nella storia, e quanto e cosa sia stato da lui inventato. La rappresentazione storica è comunque notevole... anzi di più. Eccellente.
E' specialmente eccellente per via del setting: romanzi western su queste pagine ne avete visti parecchi, ma di romanzi sull'esplorazione del Nord America, sui trapper, gli orsi, i lupi e la neve... su questi temi no. Una volta andavano di moda Jack London e i suoi adattamenti, ma da molti anni l'unico western a venir rappresentato con costanza è quello dei pistoleri, saloon e duelli.
Revenant è dunque un romanzo originale che offre una prospettiva oggi non più popolare su un altro celebre aspetto della frontiera americana: i cacciatori di pelle, esploratori, trapper, l'apertura di linee commerciali attraverso terre realmente inseplorate e inospitali, e naturalmente gli indiani.
La storia di Hugh Glass è stata variamente raccontata ed è un classico del folklore americano: Hugh Glass fu marinaio, poi pirata, poi visse per un po' (amichevolmente) con una tribù di Indiani, divenne esperto cacciatore, trapper e tracker, La vicenda più famosa legata al suo nome risale al 1823, una missione esplorativa nel Nord Ovest (diciamo odierni Dakota/Montana): Glass fu attaccato da un orso, quasi ucciso e lasciato in fin di vita. In fin di vita ma ancora vivo. Abbandonato e derubato anzitempo dai suoi compagni, Glass non morì. Si trascinò da solo e senza mezzi attraverso centinaia di miglia di fitta boscaglia, sopravvivendo e rimettendosi in forza (e qui è la parte focale) grazie all'energia e alla determinazione datagli da un odio bestiale e implacabile, un desiderio di vendetta contro i suoi ex-compagni che lo tenne letteralmente in vita e spinse attraverso un'epopea impossibile di sopravvivenza contro ogni possibilità e probabilità.
Etc etc.
Oltre a essere stata raccontata e citata in vari altri libri di fiction e non, in canzoni e chissà dove altro, la storia di Hugh Glass venne già adattata almeno in un film con Richard Harris (Man in the Wilderness) arrivato in Italia con l'indimenticabile, e infatti non l'ho dimenticato, titolo de 'Uomo Bianco, va' col tuo Dio!'
Non so mai se ricordare con disdegno e tenerezza quel periodo e quel tipo di titoli per i western in Italia.
Comunque, venendo al libro: Punke scrive con ricchezza di dettagli e appassionata dovizia nelle descrizioni degli usi e costumi del tempo; inserisce qua e là brevi digressioni storiche dedicate a personaggi chiave, sia quelli realmente esistiti sia quelli inventati; pesta molto sull'aspetto naturalistico: nomi di piante, tipologia delle montagne e dei fiumi, geografia generale.
Tutto questo abilmente inserito all'interno di una narrazione veloce dal ritmo narrativo serrato: è un romanzo molto ben riuscito e di gradevole scrittura, probabilmente senza successo finora a causa del tema non popolare; è anche un romanzo viziato da uno sfortunato finale: ansioso di colmare certe lacune nella storia nota e confermata di Glass, l'autore si permette una serie di scene fantasiose ma poco riuscite per dare alla vicenda un finale più pieno.
Il romanzo è al suo meglio quando all'autore viene chiesto di romanzare un canovaccio di fatti assodati, lasciato alla propria libera e completa invenzione, ovvero nel finale, il tutto prende una piega un po' storta perdendo limpidezza e genuinità, appesantendosi di una lunga scena inutile e priva di quella logica potente posseduta dal resto del testo.
Rimane un notevole romanzo western, sicuramente consigliato, da cui un bravo registra potrà tirare fuori un film (spero) entusiasmante.
L'autore di questo romanzo non è uno scrittore, non più. Michael Punke è un piccolo politico americano attualmente in Svizzera per una qualche missione diplomatica commerciale chissenefrega.
Tra la fine degli anni '90 e i primi del '00 fu però scrittore, oltre del presente romanzo, di una serie di testi storici dedicati all'esplorazione della frontiera americana nella prima metà dell'Ottocento.
Questo suo romanzo del 2002 è stato però inaspettatamente scelto dal super hot regista di Babel e Birdman, Alejandro Gonzalez Inarritu, come base per il suo prossimo film... e Punke sta per diventare un famoso scrittore.
Data la passione storiografica del suo autore, il marketing di Revenant lo spaccia come 'la vera storia di Hugh Glass e della sua vendetta'; lo stesso Punke, in un'onesta nota a fine romanzo, specifica esattamente quanto e cosa sia realmente documentato/documentabile nella storia, e quanto e cosa sia stato da lui inventato. La rappresentazione storica è comunque notevole... anzi di più. Eccellente.
E' specialmente eccellente per via del setting: romanzi western su queste pagine ne avete visti parecchi, ma di romanzi sull'esplorazione del Nord America, sui trapper, gli orsi, i lupi e la neve... su questi temi no. Una volta andavano di moda Jack London e i suoi adattamenti, ma da molti anni l'unico western a venir rappresentato con costanza è quello dei pistoleri, saloon e duelli.
Revenant è dunque un romanzo originale che offre una prospettiva oggi non più popolare su un altro celebre aspetto della frontiera americana: i cacciatori di pelle, esploratori, trapper, l'apertura di linee commerciali attraverso terre realmente inseplorate e inospitali, e naturalmente gli indiani.
La storia di Hugh Glass è stata variamente raccontata ed è un classico del folklore americano: Hugh Glass fu marinaio, poi pirata, poi visse per un po' (amichevolmente) con una tribù di Indiani, divenne esperto cacciatore, trapper e tracker, La vicenda più famosa legata al suo nome risale al 1823, una missione esplorativa nel Nord Ovest (diciamo odierni Dakota/Montana): Glass fu attaccato da un orso, quasi ucciso e lasciato in fin di vita. In fin di vita ma ancora vivo. Abbandonato e derubato anzitempo dai suoi compagni, Glass non morì. Si trascinò da solo e senza mezzi attraverso centinaia di miglia di fitta boscaglia, sopravvivendo e rimettendosi in forza (e qui è la parte focale) grazie all'energia e alla determinazione datagli da un odio bestiale e implacabile, un desiderio di vendetta contro i suoi ex-compagni che lo tenne letteralmente in vita e spinse attraverso un'epopea impossibile di sopravvivenza contro ogni possibilità e probabilità.
Etc etc.
Oltre a essere stata raccontata e citata in vari altri libri di fiction e non, in canzoni e chissà dove altro, la storia di Hugh Glass venne già adattata almeno in un film con Richard Harris (Man in the Wilderness) arrivato in Italia con l'indimenticabile, e infatti non l'ho dimenticato, titolo de 'Uomo Bianco, va' col tuo Dio!'
Non so mai se ricordare con disdegno e tenerezza quel periodo e quel tipo di titoli per i western in Italia.
Comunque, venendo al libro: Punke scrive con ricchezza di dettagli e appassionata dovizia nelle descrizioni degli usi e costumi del tempo; inserisce qua e là brevi digressioni storiche dedicate a personaggi chiave, sia quelli realmente esistiti sia quelli inventati; pesta molto sull'aspetto naturalistico: nomi di piante, tipologia delle montagne e dei fiumi, geografia generale.
Tutto questo abilmente inserito all'interno di una narrazione veloce dal ritmo narrativo serrato: è un romanzo molto ben riuscito e di gradevole scrittura, probabilmente senza successo finora a causa del tema non popolare; è anche un romanzo viziato da uno sfortunato finale: ansioso di colmare certe lacune nella storia nota e confermata di Glass, l'autore si permette una serie di scene fantasiose ma poco riuscite per dare alla vicenda un finale più pieno.
Il romanzo è al suo meglio quando all'autore viene chiesto di romanzare un canovaccio di fatti assodati, lasciato alla propria libera e completa invenzione, ovvero nel finale, il tutto prende una piega un po' storta perdendo limpidezza e genuinità, appesantendosi di una lunga scena inutile e priva di quella logica potente posseduta dal resto del testo.
Rimane un notevole romanzo western, sicuramente consigliato, da cui un bravo registra potrà tirare fuori un film (spero) entusiasmante.
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