Sherlock Holmes - Gioco di Ombre: c'è stata una chiara vibrazione pre-applauso in sala a fine film (sarebbe bastato un clap per concretizzarlo), un seguito non solo degno del lodevolissimo capostipite ma, qua e là, probabilmente migliore, più sicuro e meno cauto nell'insistere su quegli elementi che, forse, nel primo film erano stati tenuti leggermente indietro per paura che potessero alienare parte del pubblico.
Bromance all'ennesima potenza, Robert Downey Jr. e Jude Law rivaleggiano in sintonia e ammiccano senza pudore: un buddy movie come pochi altri talmente ben riuscito e compiuto in sé da lasciare da poche a zero speranze per un ulteriore capitolo.
I due protagonisti sono eccellenti e sono certamente il cuore del film: offrono entrambi performance di pari valore, straordinarie nella loro offerta contemporanea di fascino comico e badassery; considerate un momento questo aspetto: i due riescono a mettere insieme personaggi in grado di reggere perfettamente tempi comici e dialoghi degni di una pellicola sentimentale brillante, scene d'azione e drammatica violenza adatte a blockbuster al testosterone. Non sono in tanti a poterlo fare: Bruce Willis nei suoi momenti migliori... chi altro? Quanto è difficile per un attore americano essere, non nella propria carriera come (tanto per fare un esempio recente) Gerard Butler, comico-figo e drammatico-fico? Esempi non me ne vengono.
I due film hanno sceneggiatori diversi, neppure per un'istante è possibile non riconoscere la mano narrativa che li consolida in un unico lavoro: Guy Ritchie non avrà scritto i testi ma il merito è tutto suo.
Non è certo raro, anzi molto frequente che attori cool non riescano, nonostante i migliori sforzi, a salvare un film dall'essere noioso/brutto.
I due protagonisti sono eccellenti ma è chiaramente la mano del regista a tenere in piedi tutta l'operazione: subito da mettere in evidenza è la scelta... non voglio dire ''coraggiosa'' perché gli farei un torto, non è richiesto coraggio per dimostrare una tale fermezza artistica, maturità professionale e chiarezza d'idee. Guy Ritchie avrebbe potuto rivendere in toto quanto mostrato nel primo film, esempio: il combattimento mentale di Sherlock Holmes, quello alla Midnighter per intenderci, tanto preponderante nel precedente viene qui usato in due sole occasioni e comunque in ''accezioni'' diverse. Ritchie sperimenta con gli effetti visivi digitali, velocità e numero di frame: la fuga attraverso la foresta è clamorosamente bella, intensa e nuova, così come la ''percezione totale'' di Holmes (in questo film molto più incentrata sulla vista che sull'olfatto) o il taglio eccedente dato ai travestimenti.
Avrebbero potuto fare semplicemente un secondo film uguale al primo con una storia diversa, hanno fatto un film che, mantenendo lo stile e la trama, riesce a essere ugualmente vitale e originale.
Andiamo indietro all'inizio della pellicola: il personaggio di Irene viene coraggiosamente, qui sì, trattato come parte della storia; sapevamo già da voci e decisioni produttive che la McAdams non sarebbe stata della partita, invece di farla semplicemente sparire nel trascorso tra le produzioni, il suo personaggio viene liquidato NEL film.
La storia riprende qualche mese, pochi, dopo la fine del primo: Watson e Mary sono all'indomani del matrimonio, Holmes e Watson hanno davanti a sé l'addio al celibato.
In rapida successione vengono introdotti tre nuovi personaggi: la zingara (unica nota dolente del film, diventa sempre più difficile trovare un'attrice in grado di sostenere SERIAMENTE ruoli d'azione), Mycroft Holmes (interpretato genialmente e gayamente da Stephen Fry) qui presentato in una veste a mezza via tra quella datane da Moore e l'originale di Doyle, ovviamente il Prof. Moriarty.
Jared Harris è stata una buona scelta, non prevedibile e azzardata nel porlo così agli antipodi di Downey Jr., l'attore ha reso la fiducia con una prova di eccellente malvagità.
La storia non sto a raccontarla, molto complicata, un sacco di viaggi e location diverse: basti dire che, pur non essendone basata, ci sono diversi passaggi, almeno 1 fondamentale, che richiamano il racconto originale ''Final Problem''.
Questa è un'ottima scelta: nel dubbio si è deciso di affidarsi al creatore e rendergli omaggio con una confezione ultramoderna a incartare e impreziosire un nocciolo del 1893.
Il primo Sherlock Holmes venne realizzato con la chiara intenzione di fargli seguire almeno un'altra pellicola, Gioco d'Ombre no: il fatto che ci sia un reale senso di finalità non è necessariamente una pietra tombale sulle possibilità di una terza produzione ma, faticherei a trovare credibile un ritorno di tutti e tre i suoi capisaldi. Aldilà di quelli che possano essere gli impegni in Marvel di Downey Jr.
Bromance all'ennesima potenza, Robert Downey Jr. e Jude Law rivaleggiano in sintonia e ammiccano senza pudore: un buddy movie come pochi altri talmente ben riuscito e compiuto in sé da lasciare da poche a zero speranze per un ulteriore capitolo.
I due protagonisti sono eccellenti e sono certamente il cuore del film: offrono entrambi performance di pari valore, straordinarie nella loro offerta contemporanea di fascino comico e badassery; considerate un momento questo aspetto: i due riescono a mettere insieme personaggi in grado di reggere perfettamente tempi comici e dialoghi degni di una pellicola sentimentale brillante, scene d'azione e drammatica violenza adatte a blockbuster al testosterone. Non sono in tanti a poterlo fare: Bruce Willis nei suoi momenti migliori... chi altro? Quanto è difficile per un attore americano essere, non nella propria carriera come (tanto per fare un esempio recente) Gerard Butler, comico-figo e drammatico-fico? Esempi non me ne vengono.
I due film hanno sceneggiatori diversi, neppure per un'istante è possibile non riconoscere la mano narrativa che li consolida in un unico lavoro: Guy Ritchie non avrà scritto i testi ma il merito è tutto suo.
Non è certo raro, anzi molto frequente che attori cool non riescano, nonostante i migliori sforzi, a salvare un film dall'essere noioso/brutto.
I due protagonisti sono eccellenti ma è chiaramente la mano del regista a tenere in piedi tutta l'operazione: subito da mettere in evidenza è la scelta... non voglio dire ''coraggiosa'' perché gli farei un torto, non è richiesto coraggio per dimostrare una tale fermezza artistica, maturità professionale e chiarezza d'idee. Guy Ritchie avrebbe potuto rivendere in toto quanto mostrato nel primo film, esempio: il combattimento mentale di Sherlock Holmes, quello alla Midnighter per intenderci, tanto preponderante nel precedente viene qui usato in due sole occasioni e comunque in ''accezioni'' diverse. Ritchie sperimenta con gli effetti visivi digitali, velocità e numero di frame: la fuga attraverso la foresta è clamorosamente bella, intensa e nuova, così come la ''percezione totale'' di Holmes (in questo film molto più incentrata sulla vista che sull'olfatto) o il taglio eccedente dato ai travestimenti.
Avrebbero potuto fare semplicemente un secondo film uguale al primo con una storia diversa, hanno fatto un film che, mantenendo lo stile e la trama, riesce a essere ugualmente vitale e originale.
Andiamo indietro all'inizio della pellicola: il personaggio di Irene viene coraggiosamente, qui sì, trattato come parte della storia; sapevamo già da voci e decisioni produttive che la McAdams non sarebbe stata della partita, invece di farla semplicemente sparire nel trascorso tra le produzioni, il suo personaggio viene liquidato NEL film.
La storia riprende qualche mese, pochi, dopo la fine del primo: Watson e Mary sono all'indomani del matrimonio, Holmes e Watson hanno davanti a sé l'addio al celibato.
In rapida successione vengono introdotti tre nuovi personaggi: la zingara (unica nota dolente del film, diventa sempre più difficile trovare un'attrice in grado di sostenere SERIAMENTE ruoli d'azione), Mycroft Holmes (interpretato genialmente e gayamente da Stephen Fry) qui presentato in una veste a mezza via tra quella datane da Moore e l'originale di Doyle, ovviamente il Prof. Moriarty.
Jared Harris è stata una buona scelta, non prevedibile e azzardata nel porlo così agli antipodi di Downey Jr., l'attore ha reso la fiducia con una prova di eccellente malvagità.
La storia non sto a raccontarla, molto complicata, un sacco di viaggi e location diverse: basti dire che, pur non essendone basata, ci sono diversi passaggi, almeno 1 fondamentale, che richiamano il racconto originale ''Final Problem''.
Questa è un'ottima scelta: nel dubbio si è deciso di affidarsi al creatore e rendergli omaggio con una confezione ultramoderna a incartare e impreziosire un nocciolo del 1893.
Il primo Sherlock Holmes venne realizzato con la chiara intenzione di fargli seguire almeno un'altra pellicola, Gioco d'Ombre no: il fatto che ci sia un reale senso di finalità non è necessariamente una pietra tombale sulle possibilità di una terza produzione ma, faticherei a trovare credibile un ritorno di tutti e tre i suoi capisaldi. Aldilà di quelli che possano essere gli impegni in Marvel di Downey Jr.
Clap, clap, clap, anche a te... bellissima recensione, mi trovo a condividerla in toto.
RispondiEliminaNon vedo l'ora che esca in BD per comperarmelo... finalmente mi sono presa il lettore BD! *_*
...anche io lo vorrei però è una tecnologia proprietaria sony e sony mi sta sulle balle
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