Red Cliff 2: uniformandomi con piacere all'opinione collettiva, è quasi con una lacrima da amico ritrovato che concludo la visione di Red Cliff trepidando per scrivere ''John Woo è tornato''. Non è hard boiled ma c'e' Tony Leung, l'ultimo simbolo ancora puro del cinema sino-hongkonghese, è stato ''costretto'' ad accodarsi al filone dell'epica storica che da sei anni a questa parte domina l'impegno produttivo calamitando tutti i maggiori talenti, il regime, i soldi, l'universo e tutto il resto. Siamo alla fine della dinastia Han, la Cina sta per entrare nel favoloso periodo dei Three Kingdoms, di Dinasty Warriors. Indietro per il blog troverete quanto scrissi alla fine del primo Red Cliff che, nel caso non ricordiate, non è un film diverso ma è semplicemente la parte prima di questo progetto molto alla moda in stile Eastwood-Che Guevara, variazione sul tema della trilogia. Cast all-star composto dai buoni Tony Leung, Takeshi Kaneshiro, Lin Chi-ling e Zhao Wei opposti al malvagio-pazzo Zhang Fengyi. Shido Nakamura è il guest giapponese che, come nella migliore tradizione americana della spalla di colore, ha scritto in faccia il proprio destino. La trama in soldoni è la versione cinese dei 300 spartani: c'e' un esercito sterminato contro un manipolo di eroi. C'e' tutto quello che questa nuova tradizione di cinema ci ha insegnato ad aspettarci: spettacolari coreografie belliche con scudi e falangi, una varietà di eroi tormentati, un pò di cg pacchiana e una grandeur di decori e scenografie impressionanti; John Woo però non si limita a copiare Yimou, ci mette del proprio e lo trasmette e concentra tutto nell'atmosfera e nel polso della narrazione: è tutto più veloce e molto meno drammatico, c'e' molta giocosità e pochissimo spazio al panorama mozzafiato con uomo contemplativo annesso. La seconda parte risulta meno efficace rispetto alla prima, si perdono dei pezzi per strada e l'impressione diventa presto certezza: avrebbe dovuto essere ancora più lungo, a metà film sembra che Woo si accorga di aver lasciato indietro troppi personaggi e sottotrame, improvvisamente ributta tutto e tutti nella mischia finale perdendo completamente quello stravagante gusto videoludico che nella prima parte aveva visto esaltanti scotri tra esercito vs guerriero-esercito. Alcune scene durano troppo e alcuni personaggi continuano a restare in campo nonostante il loro ruolo sia giunto a termine, i contratti di alcune superstar potrebbero aver inficiato il naturale svolgimento della sceneggiatura: l'esempio è quello di Takeshi Kaneshiro e Zhao Wei, in questa seconda parte concentrano la propria funzione e presenza tutta in una serie di scene iniziali, finite le quali, logicamente parlando, i rispettivi personaggi avrebbero semplicemente dovuto farsi da parte e lasciare spazio a quelli dei combattenti; Woo li trascina avanti per motivi economici, che siano poi dovuti agli spettatori o agli attori difficile a dirsi, arrivando in certe parti ad ammazzare il ritmo del film interrompendo il dinamismo di certe lotte sfrenate solo per spostare l'inquadratura su uno dei due e farli in qualche modo partecipi del momento. Non lo sono e l'arresto nel godimento dello spettacolo diventa fastidiosamente percepibile. Allo stesso modo la grande battaglia navale a base di fuoco e fiamme sembra giustificarsi nell'estenuante durata solo al fine di spendere tutto il budget di cg preventivato: quante volte si può guardare una nave speronarne un'altra ed esplodere in fiamme prima che la cosa diventi noiosa? Direi due, alla terza mi stavo già rompendo... immaginatevi alla decima. Resta un gran bel film, migliore nella sua prima parte.