Uncle Sam and the Freedom Fighters: si è conclusa alla fine dello scorso mese la seconda miniserie dedicata alla nuova formazione dei Freedom Fighters di Uncles Sam; il primo esperimento si era chiuso senza indicazioni precise venendo mediamente apprezzato da crtica e pubblico senza però dare quei segni positivi che potessero dare sicurezza ai vertici DC: così hanno ben pensato di provare una seconda volta. Al timone troviamo confermata l'accoppiata Palmiotti-Gray: questa volta la vicenda si svicola completamente, anche e propriamente in senso di continuity, dalle vicende centrali pre-Final Crisis (salvo un minuscolo riferimento proferito da Sam nelle ultimissime battute della mini) proponendo una narrazione esclusiva incentrata sullo sviluppo degli ultimi arrivati nel gruppo. Riflettori puntati su Red Bee e trama molto classica, o banale a seconda di come la vogliate vedere, e e qualche cambiamento nel tentativo di raggiungere una formazione più appetibile al pubblico: Doll Man viene sostanzialmente scartato con la scusa di mettere su famiglia, Miss America si trasforma in una meno convenzionale e più sciocca Miss Cosmo; siparietto per Ray padre e trasformazione in una versione potenziata con nuovo battlename, Neon. Ritorno su binari di equilibrio mentale per Phantom Lady. Gli altri personaggi sono comparse poco visibili nel corso di tutta la storia. Dire che il progetto sia andato male è poco: a causa di un pessimo sviluppo narrativo e di idee a dir poco manchevoli la miniserie è collassata sotto il peso della propria inutilità, concludendo un malloppone di sceneggiatura con la più truce troncatura e abbattendo il pathos da scontro finale in due battute restringendo all'ultimo numero una quantità di questioni sollevate negli albi precedenti per la sostanziale incapacità degli sceneggiatori a organizzare meglio il lavoro. E lo dico da estimatore del duo. Fino all'albo 7 la miniserie si legge e si guarda: niente di che e poco di buono ma un decente prodotto supereroistico di contorno, con l'ottavo albo si apre un precipizio senza fondo che segna la scomparsa del gruppo vissuto il tempo di due Crisis. Che una volta sarebbe stato un tempo considerevole ma oggi si riduce a ''due anni''.

Metal Men: di ben diverso rilievo la miniserie in 8 numeri dedicata al rilancio dei Metal Men (parallelamente all'arco sviluppato sulle pagine di Superman-Batman). La mini è stata un one-man show a opera di Duncan Rouleau: forse lo conoscerete per essere parte del poker di autori di quella specie di manifesto letterario Man of Action la cui principale (e unica?) creazione è lo strano fenomeno cartoon-televisivo (+fumetti e videogiochi) conosciuto come Ben 10, su cui non esprimo al momento opionioni essendomi sforzatamente rifiutato di guardarlo a causa dell'aspetto repellente. Rouleau non è esattamente il vostro classico autore da supereroi e lo dimostra molto in fretta inscenando per i Metal Men un'astrusa vicenda sviluppata su più linee temporali di ardua e stancante comprensione: passato, presente e futuro di Magnus e delle sue creature si mescolano tra una macchina del tempo e qualche vecchio/nuovo antagonista . Morrow e i Death Metal Men hanno ovviamente una loro parte ma c'e' spazio anche per qualche Manhunter (quelli di OA) e qualche solido trip psicoanalitico su Magnus che, ricordiamo, ultimamente era stato rinchiuso ''pazzo'' e successivamente ''rapito'' per far parte delle menti Oolong Island.... diciamo che durante l'OYL gli autori ne hanno approfittato per fare un reboot senza troppe spiegazioni. Il disegno di Rouleau è sicuramente il suo pezzo forte, molto piacevole e morbido, particolare a vedersi e completamente privo di senso narrativo o della pur minima capacità di rappresentare l'azione in corso: totalmente anti-fumettistico. Metal Men è un prodotto snob da far arricciare il naso e renderne gli adulatori passibili di sarcasmo gratuito, è anche uno dei pochi prodotti artistici che DC abbia passato sul suo circuito main stream quest'anno: quindi varrebbe la pena sostenerlo.

Logan: passiamo brevemente in casa Marvel per commentare la miniserie in 3 albi dedicata a una storia di guerra di Wolverine. Freghiamocene della continuity, tanto lo fanno tutti: la storia si sviluppa su due linee temporali, tanto per cambiare e dimostrare che gli autori non tendono a copiarsi, il flashback ce lo mostra prigioniero di guerra dei giapponesi (in Giappone), evaso insieme a un quasi commilitone, che trova rifugio, protezione e sesso nella casa di un'aperta e ospitale bellezza locale. Prima che ve lo chiediate, NO: Mariko non ha niente a che spartire in zona, qui si parla di un'altra giapponese. La seconda linea temporale ritrae Wolverine nel presente (?) in visita sugli stessi luoghi. Ah, giusto per la cronaca: la bomba atomica ha invece a che spartire in zona. Capitando lì per caso Wolverine incontra qualcuno da quella vecchia storia del passato. Glissiamo sulla sceneggiatura e sulle accennate e gratuite scene di sesso, sempre apprezzabili e che ci ricordano la miniserie essere uscita sotto l'imprint Marvel Knights (pensavo fosse chiuso): cosa rimane? Beh, nonostante vi voglia spingere a glissare i testi sono di Vaughan: forte della chiusura di Y ha ben pensato di scribacchiare qualcosa per la concorrenza; i disegni sono di Risso. Volete vedere Wolverine disegnato da Risso e scritto da Vaughan, volete vedere Wolverine come sarebbe se a pubblicarlo fosse Vertigo? Io non avrei voluto ma ho ceduto alla tentazione, il risultato è gradevole e si piazza nello scaglione medio alto nella sterminata produzione di miniserie dedicate al tizio con gli artigli.

Wormwood - Gentlemen Corps ''Calamari Rising'': uhm. IDW, Templesmith, la nuova miniserie dedicata all'equivalente IDW di Planetary. Non vedo perché non la si dovrebbe leggere avendo letto quelle prima, vedo parecchie difficoltà a leggerla non avendo letto quelle prima: fan del prodigioso autore che tra poco sparirà nel buio (previsione personale) accorrete numerosi, gli altri si comprino i primi volumi e tornino più tardi. Mi scoccia dire ''sempre la solita minestra'' considerando che cosa io legga abitualmente, tuttavia considerando la scena falso underground sui Templesmith continua a insistere mi sento di poter buttare questa affermazione nel mucchio dei complimenti per la sempre carismatica caratterizzazione dei personaggi e il sempre personale e dubbio stile grafico.

Abyss
: si chiude il secondo progetto di Red 5, l'editore che con il suo Atomic Robo si candida a vincere la palma di miglior nuova realtà del mercato, il prossimo giro probabilmente parleremo di Radical. A dimostrazione che in queste realtà le idee buone sono sempre poche, Abyss è una cazzata come se ne vedono ormai troppe in giro: tipica parodia supereroistica dove il figlio del più grande supervillain della storia è buono e si allea con i soliti batman wannabe per sconfiggere il proprio retaggio tra una battuta, una citazione palese e una qualche meta battuta che offendendo l'intelligenza del lettore dovrebbe esaltarne il palato. Comincio a essere troppo vecchio per questa roba, o almeno troppo vecchio per farmi prendere per il culo da qualcuno che non stia scrivendo Batman.