Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo: prendiamola da lontano. 1981: il regista Steven Spielberg non ha ancora realizzato ET ma arriva diretto dai planetari successi di Lo Squalo e Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, e lo stravagante 1941; il produttore/sceneggiatore George Lucas è a cavallo tra il secondo e il terzo Guerre Stellari; Harrison Ford è per il mondo intero Ian Solo. Cinque anni dopo il Tempio Maledetto, 1989: dopo il Colore Viole e l'Impero del Sole, Spielberg è pronto a rispondere ai fan donando loro una nuova avventura di Indiana Jones, l'ultima; Lucas, assunto a ruolo divino, acconsente; Ford dopo qualche film drammatico andato male, Frantic e Mosquito Coast, è tornato in auge con il successo di Una Donna in Carriera. Nasce L'Ultima Crociata e al gruppo si unisce, con geniale e opportuna scelta di casting e carriera, quello Sean Connery in quegli anni al culmine della sua seconda giovinezza: tra Gli Intoccabili e Caccia a Ottobre Rosso (veramente sarebbe tra Presidio e Sono Affari di Famiglia...). Il mito è compiuto e perfetto, trino, divino, eccellente. Lucas ha chiuso il suo secondo e definitivo franchise, la frusta e il cappello vanno al museo e tutti si separano in amicizia promettendo di non tornare più sul personaggio. 2008: dopo una quantità di film discutibili chiusi con l'assolo di Munich, il regista Spielberg è chiaramente sull'orlo del baratro, sono tre anni che non dirige. Lucas è diventato la puttana del cinema, il male incarnato ed è già riuscito a trasformare il suo Guerre Stellari in quanto di peggio ci sia nella società moderna: è inarrestabile e già da qualche tempo aveva rimesso mano a Indiana Jones rispolverndone la versione giovanile. Ford è già caduto nel baratro e arriva da 10 anni di porcherie e qualche stanco gossip dovuto alla sua relazione con una discutibile starlette televisiva. Saggiamente Connery decide di glissare. Il quarto film di Indiana Jones mi ha portato al cinema per la seconda volta in tre settimane, qualcosa che non succedeva da un anno ormai: le Reunion hanno questo potere, sai sempre di andare a vedere qualcosa di nostalgico, oggettivamente impossibilitato a essere allo stesso livello dei tuoi ricordi o di ciò che fu, ci vai per accontentare l'aspetto comune della natura umana che ci unisce tutti, la mortalità e la vecchiaia. Ho una sorella di 19 anni che non ha mai visto i tre Indiana Jones, ha visto il quarto e le è piaciuto: io sono uscito amaro e triste. Chissà se il vecchio Steranko l'ha visto questo film, e cosa avrà pensato del vecchio Ford ancora una volta in quei panni da lui disegnati: alla fine degli anni '80 Ford era un action-hero, Indiana Jones era un film d'azione. Questo alla fine degli anni '80: prima di Hong Kong e il digitale. La bellezza dei tre Indiana Jones, no: la ragione per cui il personaggio di Indiana Jones sia tanto radicato nei cuori dei suoi spettatori dipende dalla presenza in tutti i suoi film di azioni, battute e momenti cool; ogni film ne ha alcuni specifici inerenti trappole, donne, il cappello, la frusta, la pistola, un primo piano, una scazzottata, un salto da un veicolo in movimento a un altro, un attimo di paranormale: la sapiente e misurata mescolanza di questi lampi immortalati in scene memorabili ha fatto dei tre film e del loro protagonista un archetipo riconoscibile e amato. Quel porco di Lucas ha fatto quanto di peggio potesse: ha trasformato questo quarto film in un overdose di stilemi jonesiani, ormai completamente incapace a creare qualcosa di nuovo (e nel mezzo ci butto anche Spielberg) si è limitato a prendere tutto il marasmo di immagini classiche dei film precedenti e riproporle, replicarle, riprodurle in questo. Qualcuno potrebbe chiamarlo omaggio, io no. Una o due volte sarebbe stato un omaggio, l'insistenza demente che accompagna e diventa il motivo conduttore del film invece sono semplicemente la riprova dell'odiosa natura di Lucas e del suo malvagio impero commerciale. Abbassate gli occhi da Gates un momento e posateli sul vero mostro. La trama è circostanziale, un appendice inutile sfruttata esclusivamente per presentare i ''momenti indiana jones'' e caratterizzare il nuovo personaggio e candidato erede, quello Shia LaBeouf di Transformers e lanciatissimo nello stardom (se sopravviverà al successo), che per altro compie dignitosa figura per tutto il film. Indy è vecchio, per tutto il film la menano abbastanza che sia vecchio, eppure è più atletico di quanto sia mai stato: compie acrobazie e pesta come un fabbro, ma non sarebbe neppure un problema. C'e' sempre stata una controfigura, non è un mistero anche se Ford pare si impegnasse a recitare personalmente un certo numero di scene relativamente pericolose. Parliamo del magnetismo: per tutto il film c'e' 'sta storia del magnetismo. Ora, sospensione dell'incredulità a parte, da un regista intelligente come Spielberg mi aspetto almeno logica nel trattare il tema: invece il magnetismo va e viene a seconda della scena, i dettagli sono trascurati ed emarginata è l'attenzione e la cura. Buttiamo in mezzo qualche stronzata per inquadrare il periodo guerra fredda.... ma a cosa diavolo servono quei dieci minuti di agenti FBI e l'interrogatorio annesso?!? Scene infilate a forza e senza senso solo per buttare qualche nozione di biografia del personaggio utili a futuri sfruttamenti. Senza sottilizzare il film è tutto così: un ammasso di minuti spesi per ''accontentare'' i fan. Alla fine è come tutte le reunion, una perdita di tempo, una spesa di soldi: un affronto alla memoria che si giustifica esclusivamente nel più grande quadro della vita moderna dove nulla riesce a morire con la propria dignità intatta.