Dungeons & Dragons 2 (The Wrath of the Dragon God/The Elemental Might): non ho saputo resistere all'idea di guardare il seguito, coprodotto da americani e lituani, di uno dei piu' brutti brutti brutti film mai fatti. Damodar, l'aiutante di Jeremy Irons dal primo film, e' tornato dopo 100 anni e vuole vendetta: si impossessa di un potente artefatto capace di controllare un possente drago (pur avendolo ascoltato piu' volte non sono riuscito ad afferarne il nome: Orb of Fa-qualcosa) nero non-morto (nel primo film mi sembra ce ne fosse uno in grado di controllare i draghi rossi) e minaccia di distruggere il mondo; 5 eroi si uniranno per una bella quest punitiva e preventiva. L'intro lascia a bocca aperta: una specie di cartone digitale con persone vere piu' o meno e fermi immagine come illustrazioni, un bel videogioco. L'ex capitano della guardia reale ora annoiato nobile stanco della vita sedentaria, una donna guerriera, un chierico, un'esotica elfa maga e un buffo e basso ladro. Per rendere un po' piu' vario il film, risparmiare sui combattimenti, ed evitare ore di cavalcate la trama alterna all'avventura principale alcune scene ambientate a castello dove la moglie del capitano e chierica bionda dalla trasparente arguzia e furbizia (in qualunque altro film avrebbe fatto vedere le tette dopo un minuto) insieme con degli altri vecchi stregoni cerca di scoprire qualcosa di utile alla battaglia studiando antichi testi magici. Il film credo sia uscito direttamente per il mercato video: gli attori sono meno peggio di quanto ci si poteva aspettare, al livello di un qualunque film televisivo comune; gli effetti speciali variano molto, problemi di budget probabilmente (i soldi stanziati per questo film sono stati molto inferiori a quelli per il primo): i draghi sono ben fatti e animati, oltre al Drago Nero del combattimento finale ce n'e' pure uno di ghiaccio come boss di meta' livello; le magie e i loro effetti variano dalla semplice esplosione a qualche simpatica linea di energia; il cattivo numero due e' ben truccato, mentre il cattivo numero tre sembra venire da una produzione Troma, qua e la' ci sono anche un paio di mostri secondari in cg: e' piuttosto divertente, anni luce migliore del predecessore, non arrivero' a dire che renda giustizia al marchio Wizard of the Coast ma ci si avvicina (avrebbe potuto essere un eccellente pilota per una serie tv).

Kimagure Robot (episodi 1-10 serie completa): 10 cortometraggi da un paio di minuti realizzati e disponibili sul portale giapponese di Yahoo! aventi per protagonisti uno scienziato inventore di robot inutili (una specie di Dr. Slump) e le sue creazioni; leggermente comici, animati bene con stile semplice e infantile: tratti dai racconti fantascientifici di Shinichi Hoshi (uno degli autori contenuti in La Leggenda della Barca di Carta, qualche post indietro).

Tide Line Blue (episodi 1-12 serie completa): prima di tutto non e' detto che la serie sia finita con il dodicesimo episodio trasmesso in tv. E' stato annunciato un tredicesimo episodio direttamente per il mercato video (uscira' tra un po', suppongo, probabilmente dopo l'uscita di tutti i dvd della serializzazione tv) ma non e' stato ancora detto se conterra' un finale dopo il finale o un semplice racconto aggiuntivo. Personalmente sono convinto conterra' un prequel alla storia. La vicenda centrale racconta di due fratelli gemelli, Keel e Teen, ed e' ambientata sulla Terra dopo un misterioso disastro che l'ha resa simile a Waterworld (i territori emersi sono limitati ma non cosi' tanto): Keel e' il figlio adottivo di Aoi, il Segretario delle Nazioni Unite che sogna di ricostruire la societa' umana sulla base della collaborazione e della diplomazia; Teen e' l'aiuto del Capitano Gould, un militare apparentemente impazzito che naviga sul suo sottomarino atomico stracarico di missili nucleari: anche Gould vuole la pace, e la ricostruzione ma non crede nella buona volonta' degli uomini e preferisce agire con la forza imponendo l'armonia sotto la minaccia di un attacco mortale. Questa terza produzione originale di Telecom Animation Studio prosegue il discorso aperto con il precedente Planet Survive (indietro per il blog; l'altra serie non la conosco e quindi...): il desiderio di recuperare un tipo di storie di qualita', con sceneggiature semplici ma trattate con il massimo rispetto, protagonisti adolescenti e ambientazioni e trame riprese da grandi successi e generi passati in disuso ma perfettamente in grado di creare ottimi prodotti e forse superare lo stallo in cui l'animazione nipponica vive da anni. Planet Survive riprendeva il classicissimo tema del gruppo di ragazzini divesissimi tra loro costretti a sopravvivere unendo le forze su un'isola/pianeta/qualunque altra cosa disabitata e misteriosa; Tide Line Blue invece fonda il proprio cuore su Conan il Ragazzo del Futuro: ne cita scene, atmosfere, e si avvicina moltissimo a raggiungerne l'espressivita'. Per la prima volta da parecchio tempo sono costretto a criticare la scelta dei 12 episodi: una storia come questa avrebbe meritato una stagione piena da almeno 50 appuntamenti; ognuno dei 12 capitoli e' animato squisitamente, i personaggi sono caratterizzati dallo straordinario lavoro di Akihiko Yamashita (quello di Giant Robot per intenderci) e diretti dall'eclettico Umanosuke Iida: tra i cui lavori ricordiamo Hellsing, Gundam l'Ottavo Battaglione e il divertente, sfortunato, e sicuramente il modello di riferimento per l'autore rispetto alle scelte effettuate in Tide Line Blue, Minatore dello Spazio. La vicenda e' ampia: i ragazzi si troveranno ad attraversare il mondo in lungo e in largo, a confrontarsi fra loro, a sviluppare relazioni con i due personaggi coetanei femminili e le due figure simbolo del rapporto padre/madre, Gould e Aoi; sveleranno i segreti del loro comune passato, cresceranno e affronteranno decisioni e conseguenze: tutto questo fra un combattimento navale e l'altro, fra un'assemblea generale e sottili trame politiche, e anche qualche capatina nello spazio. Ognuna delle scene e' resa con i giusti tempi, senza fretta ma rapide: tuttavia, con solo 12 episodi a disposizione, e scegliendo di dare le giuste dimensioni ai momenti di maggiore importanza, i punti di contatto fra le scene e tutte le zone intermedie della narrazione sono o completamente assenti o sorvolate alla velocita' della luce; il risultato ha un ritmo sincopato, non spiacevole ma allarmante di quanto sia andato perso e di quanto sarebbe stato possibile realizzare. Abbiamo parlato qualche volta di ottimi cartoni studiati come revival di qualche specifico periodo, solitamente mi interessano soprattutto i robot quindi per lo piu' ne avro' parlato nel caso del Gaogaigar e del Big O (direi); qui ci troviamo ad un prodotto simile: una rivisitazione, piu' moderna ma assolutamente fedele, di un genere passato e dimenticato: di conseguenza probabilmente non trovera' sostenitori fra i piu' giovani o fra quelli che vogliono la novita' assoluta e i cavalieri dell'ultima moda; io che invece sono e mi crogiolo nella mia passione per la roba piu' vecchia sono stato reso di buon umore da questa bella serie.