Sin City: da che mi ricordi i fumetti sono sempre stati parte (ampia) della mia vita e non ricordo di aver avuto mai un autore preferito prima di eleggere a tale ruolo Frank Miller; per questo film avevo tali aspettative come mai mi sono permesso di nutrirne da una decade almeno, i trailer mentono questo e' risaputo ma fin dalle prime immagini mi e' sembrato che questa potesse essere la volta buona. ''Miller'' e' stata la mia prima password. La ragione per cui mi faccio fiero d'essere un DC Jeek e di avere Batman come personaggio preferito e' sempre Miller, e in tutto questo grazioso e personale processo formativo Sin City e' stata un tassello fondamentale. Alle trasposizioni a fumetti solitamente si chiedono due sole cose, sempre relativamente al testo: una resa decente dell'icona del personaggio, e una certa attenzione alla storia originale; come gia' saprete il film di Sin City, grazie anche alle caratteristiche dell'opera generante (non voglio perdermi nello spiegare cosa sia una graphic novel, il perche' del distinguo con i piu' comuni ''comics'' e l'inutile polemica riguardo l'utilizzo quasi sempre improprio fattone da normali mezzi di comunicazione: se lo sapete bene, altrimenti non e' importante), va molto oltre: ogni scena e' l'esatta ricostruzione di una tavola, la disposizione dei protagonisti, il taglio della ripresa, i chiaroscuri e i colori. Se avete letto ritroverete ogni singola scena fedelmente riproposta con cura (va bene: quasi ogni singola scena) istante per istante del film, se non l'avete fatto affrettatevi a confrontare. Nella corrente moda dei film con virtual set di cui si parlo' gia' in tempi recenti per varie opere orientali e occidentali cosi' realizzate, qui se ne ha il migliore e piu' compiuto e sensato utilizzo. Il progetto cartaceo di Sin City e' composto da archi narrativi piu' o meno lunghi raccontati all'interno di miniserie e da storie brevi autoconclusive: allo stesso modo il film ripropone lo stesso impianto cominciando con una breve scena isolata per poi iniziare a proporre, rispettando addirittura la vaga cronologia interna, tre storie principali. La storia di Marv, la storia di Hartigan, e un ibrido dei racconti di Dwight. Il casting e' stato eccezionale, anche laddove si potevano sollevare dei dubbi sulle parti, alla resa dei conti ogni attore e attrice collima alla perfezione con il personaggio interpretato; la regia per certi versi e' abdicata: una volta deciso di seguire la carta e' stata messa alla prova la capacita' di visualizzare su carne e ossa i disegni, il resto e' seguito di conseguenza. La musica, un altro punto da inventarsi di sana pianta, e' ottimamente sincronizzata alle azioni e all'atmosfera e aggiunge fascino e spessore al risultato; per gli attori deve essere stata una prova dura: spesso non parlano, come nel fumetto, dovendo sovrapporre pensieri ad espressioni senza l'ausilio dei dialoghi, affidandosi interamente alla propria mimica esagerandola e moltiplicandola per ottenere gli effetti voluti e ancora una volta incredibilmente somiglianti. Alla fine si ottiene di assistere all'unico spettacolo in cui un fumetto sia impresso sulla celluloide con gli strumenti del cinema pur mantenendo la propria natura, ed e' una vera e rara esperienza.