Shogun's Joy of Torture: nella sterminata produzione di Teruo Ishii questo film del 1968 si colloca come primo della sua nota serie dedicata all'estrema violenza della tortura e del sadismo, idealmente iniziatore di quel genere giapponese che fornisce esemplari per la collana Japan Shock. Composto da tre storie slegate trova il proprio filo conduttore nell'esito comune e nella figura del torturatore: in seguito a comportamenti di esagerata depravazione la mano vigile delle forze dell'ordine intervengono a catturare e torturare i perpetratori del crimine fino alla confessione e alla morte. Dopo l'impressionante scena iniziale fra decapitazioni e roghi umani la prima vicenda narra di un fratello e una sorella, di stupri e incesto: il torturatore giungera' a ristabilire l'ordine; seguono amore e gelosie fra monaci e una monache in un crescendo di follia e vittime; per finire con l'artificazione della tortura, la rappresentazione immortale di un capolavoro avente per soggetto torturati e torturatori culminante in un eccesso di ancora piu' esasperata follia e distruzione. Lungi dall'essere splatter il film affida la resa delle inquisizioni a strumenti, macchine, acqua e fuoco, bastonate e, solo di rado e a conclusione del lavoro, alle lame e al sangue: storicamente dettagliato, diretto con eleganza e volonta' insolite per un prodotto atto a scioccare e stupire, o almeno secondo il senso comune, potrebbe difficilmente essere, oggi, considerato cosi' estremo come invece sara' sembrato a suo tempo al pubblico. A lungo andare e' indubitabilmente noioso e vagamente ripetitivo ma come pescato per scandagliare i sottogeneri della produzione orientale porta un suo storico valore.