Il Gioco di Ender: un colpo di scena finale straordinario, forse prevedibile a pensarci bene, ma certamente la piu' gratificante ed estrema soluzione a tutto il mondo imbastito dall'autore. Orson Scott Card e' un nome noto, uno scrittore prolifico, un talento piegato al commercio si potrebbe dire: personalmente lessi uno dei suoi romanzi fantasy con gli indiani d'america (il profeta dalla pelle rossa se non ricordo male), e pur piacendomi non sentii lo stimolo di procurarmi i seguiti e il precedente. Allora, agli esordi della sua carriera (la prima stesura del gioco di Ender sotto forma di racconto e' del '77) il suo lavoro era puro e innovativo; uno dei dati biografici piu' famosi e' quello che lo vede unico vincitore contemporaneamente dei premi Hugo e Nebula in due anni successivi: la prima volta fu nel 1985 quando venne ripubblicato nella sua versione estesa e definitiva il Gioco di Ender, naturalmente, dato il genere, primo di una lunga serie di libri consecutivi ma di per se' autosufficiente e completo. La Terra ha subito e fortunosamente e sanguinosamente respinto due invasioni aliene da parte dei soliti insettoidi ostili: sono passati degli anni e il timore di una terza guerra ha spinto gli umani a ricercare, reclutare e istruire i giovani piu' promettenti di ogni generazione alla ricerca del comandante perfetto. Ender e' il migliore, il piu' promettente del suo tempo: l'addestramento e' un gioco al massacro atto a portarlo ai limiti della sua forza fisica e mentale, a spingerlo oltre per estendere quei limiti al limite della sua vita; il tutto comincia a sei anni: fra simulazioni di battaglia e videogiochi mentali Ender passera' attraverso una serie di esperienze sempre piu' provanti e complesse. La narrazione e' squisita: nonostante Ender sia il protagonista assoluto non mancano, sparsi tra le pagine, brevi punti di vista di personaggi secondari intesi a portare avanti, oltre alla vicenda intima e soggettiva del bambino, anche quella del mondo intorno a lui. La caratterizzazione dei personaggi e' convincente e suscita fin da principio grande empatia con le sofferenze e le vittorie del piccolo genio; interessantissimo ritrovare un concetto molto in voga in quel periodo ma quasi totalmente scomparso al giorno d'oggi: il videogioco e le sue implicazioni sociali e tecnologiche. Agli albori della sua storia, quindi gli anni '80, il videogioco suscitava curiosita' e speranze recondite capaci di germogliare fantasie espresse e manifestate in molte opere dello stesso periodo sia libri che film (basti ricordare Giochi di Guerra), poi invece sparite e ritenute dal reale sviluppo della materia; un po' come accadde nel decennio successivo con Gibson, il cyberpunk e la realta' virtuale.