Rashomon e Altri Racconti (-, 1988): maledetto trattino, sta diventando un incubo. Questa volta parliamo di una selezione di racconti, tradotti dagli originali giapponesi, scritti da Ryunosuke Akutagawa; la selezione ci mostra il passaggio dell'autore da racconti prettamente storici ''veristi'' a quelli, sempre storici, ma stravolti da un elemento di sovrannaturale, fantastico od orrorifico che diventeranno il suo marchio di fabbrica. Akutagawa morì suicida poco più che trentenne nel 1927: gli anni della sua vita, la conclusione della sua vita, la tipologia della sua opera, e più che un accenno di follia, mi fanno apprezzare quest'autore come un Lovecraft/Howard giapponese.
''Rashomon'' del 1915 non ha niente a che vedere con il film omonimo (diversamente da quanto affermato, per semplicità, dalla quarta di copertina... visto che, effettivamente, nella raccolta c'è ANCHE il racconto che ha ispirato il film! Tra poco), storia di una Kyoto nel momento peggiore del periodo Heian tra carestie, rivolte, incendi e abbandono; un servo licenziato e buttato fuori dalla casa padronale, cerca rifugio dalle intemperie presso l'omonima porta Rashomon dove, da qualche tempo, vengono accumulati i cadaveri dei morti per le strade della città: non sapendo come sopravvivere senza il suo lavoro, il servo decide di diventare un ladro.
''Il Naso (Hana)'' del 1916, un bonzo con un naso enorme cerca di sfuggire all'imbarazzo e la vergona... è uno dei primi successi dell'autore.
''Il Fazzoletto (Hankechi)'' del 1916 e ''Rapporto di Ogata Ryosai (Ogata Ryosai Oboe Gaki)'' del 1917 parlano dei rapporti tra la cultura occidentale e quella giapponese; il primo, ambientato in epoca moderna, ha per protagonista un professore sposato con un'americana, la sua passione trovare punti di convivenza e vicinanza tra le due culture. Akutagawa, naturalmente pessimista, dopo aver alimentato le speranze del professore, lo castra con brutalità. Nel secondo, storico, un medico rifiuta di curare la figlia di una donna convertita al cristianesimo: odio e diffidenza per il diverso.
''Il Filo del Ragno (Kumo no Ito)'' e il celeberrimo ''La Scena dell'Inferno (Jigokuhen)'', entrambi del 1918, iniziano, nei termini di questa raccolta, la svolta più propriamente sovrannaturale e ''orrorifica'' nella carriera di Akutagawa; entrambi i racconti hanno a che fare con l'inferno. Nel primo, Budda è in paradiso, guarda verso l'inferno e vede l'anima di un bandito: Budda offrirà al bandito una chance fuori dall'inferno, in forma di filo di ragnatela per arrampicarsi in Paradiso ma...
Il secondo è uno dei racconti più famosi dell'autore: un pittore arrogante e presuntuoso in modo scellerato, la di lui figlia dolce, bellissima e onesta, un signore stravagante e straordinario. Il signore chiede al pittore di dipingere una scena dell'inferno, il pittore è stronzo ma è un talento unico con una sola grande limitazione: non riesce a dipingere ciò che non ha, in qualche forma, visto di persona; il dipinto (realizzato su un paravento) procede ma a un certo punto l'artista si blocca non riuscendo a trovare l'ispirazione visiva per il centro dell'opera. Va dal signore e gli chiede di poter vedere una donna bruciata in modo da farsi un'idea di come dipingerla, il signore acconsente (a questo punto sono tutti impazziti, è un racconto lungo e ci sono vari passaggi che ho saltato che descrivono il climax di ossessione e inquietudine).. a questo punto ri-entra in scena la figlia. Uno scambio epistolare tra Lovecraft e Akutagawa... cosa sarebbe potuto essere?...
''I Mandarini (Mikan)'' del 1919, ''Il Ballo (Butou Kai)'' e ''L'Autunno (Aki)'', entrambi del 1920, spostano lo sguardo dell'autore più stabilmente sul (suo) presente; i racconti storici sono senza tempo ma in un periodo convulso come quello giapponese dei primi del novecento, tra Prima Guerra Mondiale e rapporto con la Cina, per catturare l'attenzione del pubblico, e quindi vendere, fu necessario ad Akutagawa di avvicinare l'oggetto del proprio scrivere alla sua contemporaneità Nel primo un moderno e depresso giapponese di città si trova a dividere il treno con una povera contadina, all'inizio ne è schifato e disgustato (classica esemplificazione del contrasto culturale con il passato), ma finirà per scoprire la purezza ingenua dietro la semplicità e umiltà dei suoi gesti. Il Ballo offre un altro taglio di invasione culturale occidentale in giappone, praticamente un ballo delle debuttanti, una giovane e bella giapponese vestita all'occidentale danza con un giovane ufficiale francese in mezzo a un fiorire di crisantemi (in giappone è il fiore imperiale non un simbolo di morte). L'Autunno è un tipico slice of life, due sorelle, un cugino di cui sono entrambe innamorate.. questo non so bene come interpretarlo: che Akutagawa sia critico verso la società e il modo di comportarsi dei giapponesi sembra palese e confermato da precedenti racconti e dall'impressione generale della sua carriera, tuttavia il sacrificio non esplicitamente richiesto e la resa davanti all'ineluttabilità delle convenzioni sociali rimane avvolto da una certa aurea di approvazione. Diciamo così, ho l'impressione l'autore disapprovi il gesto ma comprenda i motivi. Paradossalmente, l'Autunno potrebbe sembrare un pezzo della Austen, ci sono impressionanti e inaspettate similitudini tra l'Inghilterra pre-industriale e il Giappone Taisho.
''Gesù di Nanchino (Nankin no Kirisuto)'' del 1920. Una giovanissima prostituta cinese cristiana cerca di vivere secondo la propria religione conciliando la necessità di prostituirsi per campare con gli insegnamenti e il perdono del Cristo. Non è il primo segno cristiano tra le pagine di questa raccolta, evidente l'interesse dell'autore e, per estensione, del Giappone verso il cristianesimo.
''Toshishun'' del 1920, torniamo al fantastico favolistico con morale. Un giovane sperpera le proprie ricchezze e diventa povero, un eremita lo incontra e gli regala mille ricchezze, il giovane le sperpera di nuovo, torna l'eremita, altre ricchezze, altro sperpero. Torna l'eremita e il giovane non vuole più ricchezze, vuole dare un significato alla propria vita: diventare eremita; l'eremita acconsente e lo sottopone a prove insostenibili, il giovane fallisce ma fallendo guadagna la propria pace.
''Nel Bosco (Yabu no Naka)'' del 1922, ecco: questo è il racconto da cui è tratto il Rashomon di Kurosawa. Ho provato a cercare una spiegazione sul perché di questo scambio di titoli, niente. E' considerato uno dei massimi capolavori della letteratura giapponese, una storia che ha ispirato e influenzato trasversalmente la cultura nipponica e internazionale. Un'indagine, una serie di testimonianze successive racconta e confonde le dinamiche di uno stupro+omicidio avvenuto in un bosco: ogni versione aggiunge dettagli e ne confuta altri, la verità non esiste. Una nota sulla wikipedia offre una diversa interpretazione rispetto a un pezzo della traduzione italiana: nella versione italiana, gli interventi della donna e del bandito sono entrambi chiamati ''confessioni''; stando alla wikipedia per la ''confessione'' della donna, in giapponese, viene usata una diversa parola rispetto a quella del bandito: quella del bandito è una confessione ''giuridica'' mentre quella della donna è ''religiosa''. La differenza, ammesso che sia apprezzabile, serve a suggerire un ulteriore livello di ambiguità.
''Il Carrello (Torokko)'' del 1922, un ricordo d'infanzia.
''La Principessa di Rokunomiya (Rokunomiya no Himegimi)'' del 1922, ancora un racconto di nobiltà decaduta perdita di ricchezza che costringe alla prostituzione, di abbandono e morte nella disperazione.
''Un Pugno di Terra (Ikkai no Tsuchi)'' del 1924: una giovane donna rimane vedova con un figlio e la madre del marito ''a carico''; tra la vecchia e la nuora si instaura un rapporto di invidia, gelosia, disprezzo reciproco e insofferenza: la nuora lavora come un mulo svolgendo tutti i compiti di un uomo e, proprio come un uomo, si aspetta di tornare a casa e trovare la vecchia impegnata ad accudirla. Il focus di Akutagawa sembra concentrarsi sulla meschinità umana, i suoi personaggi diventano progressivamente più inetti e incapaci, mossi da sentimenti bassi e secondi fini, tutti destinati a fallire in una gara contro forze invincibili.
''Mezza Vita di Shinsuke Daidoji (Daidoji Shinsuke no Hansei)'' del 1925. Una nota dell'autore dichiara questo racconto incompiuto, la sua volontà sarebbe stata quella di ampliarlo fino a farne un testo più del doppio più lungo. ''Mezza Vita'' è un adattamento italiano un pò bislacco: l'uso della parola ''vita'' è lo stesso di ''Vite dei Cesari'', ''vita'' per ''biografia''; ''mezza vita'' sottintende una mezza biografia, una biografia arrivata solo fino a un certo punto. Insieme al racconto successivo del 1927, ''Casa Genkaku (Genkaku Sanbo)'', Akutagawa offre qui uno scorcio di vita giapponese tra infelicità dei giovani, facili prede di movimenti artistoidi e anarchici, e l'infelicità degli adulti castrati da un sistema sociale rigido e invivibile.
L'ultimo testo della raccolta non è propriamente un racconto quanto piuttosto un romanzo breve, ''Nel Paese dei Kappa (Kappa)'' del 1927 è una delle ultime produzioni di Akutagawa prima del suicidio, ed è considerato il suo capolavoro. Akutagawa si uccise, così viene tramandato, per sfuggire alla malattia mentale da cui si sentiva (ed effettivamente era) afflitto. E' il racconto di un paziente detenuto in un ospedale psichiatrico, il racconto che questo paziente racconta a chiunque abbia la voglia e pazienza di ascoltarlo, trascritto da un inserviente: il paziente racconta di aver vissuto per molto tempo nel paese dei Kappa, sottoterra, cadutoci attraverso un buco alla Bianconiglio; la società dei Kappa è molto simile e diversa dalla nostra (dove ''nostra'' è il giappone di Akutagawa): i Kappa sanno molte cose della nostra società e ci deridono per i nostri costumi primitivi, illogici e insensati. La società dei Kappa è un versione vagamente allucinata e accademica del Villaggio dei Puffi, il tutto si configura come una critica, satira, parodia della società giapponese: quasi ogni capitolo è infatti dedicato a confrontare un uso del civile uomo moderno con il corrispondente del civile kappa moderno. Alla lunga il gioco diventa un pò noioso, anche per il protagonista che, infatti, decide di tornare in mezzo agli uomini: prontamente catturato e ospedalizzato, pazzo timbrato. Non credo di aver rilevato ambiguità nel tono di Kappa, ritengo che il paziente-narratore sia effettivamente pazzo e non una vittima dell'ignoranza.
Rashomon e Altri Racconti mette in pausa il mio giro nella letteratura giapponese, avrei ancora un testo in casa (più moderno) ma non ho intenzione di affrontarlo in tempi brevi; non metterò completamente da parte il giappone scritto, nelle prossime settimane aspettatevi (almeno) il primo libro della trilogia di Dale Furutani.