Joker: approfittando della ri-uscita in sala del Dark Knight alla DC hanno ben pensato di realizzare una nuova graphic novel, fatto raro in questo periodo di grave difficoltà editoriale, non a caso dedicata al personaggio che più di ogni altro si è aggiudicato il 2008 mediatico, il Joker. L'opera è realizzata per essere bella e, no, non prendetemi per scemo: non è un'affermazione insensata, molti prodotti escono senza capo né coda cavalcando una licenza o una moda senza preoccupazioni sul valore; Joker è scritta e disegnata per essere ''buona'': Azzarello è l'autore che viene in mente pensando a degrado mentale e urbano, Lee Bermejo è un disegnatore di spessore troppo lento per le regolari, artistico ma senza pretese pittoriche. Joker non è Arkham Asylum, non è neppure Killing Joke. E' un'opera gradevole sotto ogni aspetto, prevedibile e vagamente fredda: si fonda su una serie di elementi facili per scivolare sul filo del rasoio di tematiche e rappresentazioni che consentano l'edizione sotto DC Comics e non si spingano oltre il consentito ai non-Vertigo. Joker esce di prigione, lo vediamo subito dalla primissima scena che graficamente il personaggio è stato riletto per raffigurare e rassomigliare al fu Heath Ledger: funziona, può non piacere ma gira. La voce narrante è quella del solito scagnozzo, dal primo suo pensiero si capisce già perfettamente come e dove andrà a parare la storia: croce e delizia della graphic è proprio la scelta di Azzarello di trattare il personaggio come un gangster, non un super villain. Se non fosse per i capelli verdi in questa sua versione il Joker potrebbe confondersi con uno dei tanti tra Johnny il Bello e Scarface. Questa scelta dà spunti positivi e negativi. Elemento risaputo e abusato sul quale Azzarello cade banalmente è la presenza non presenza di Batman: c'e', è nella città, il Joker non fa che pensare a lui. Però di fatto non c'e' e nessuno lo vede se non nelle ovvie battute finali. Confezione di classe per un ninnolo di manifattura semi-industriale.