Shin Angyo Onshi: ogni tanto ci si imbatte in un anime coreano e, anche se qui c'e' molta mediazione giapponese, la resa interessante di idee gia' note al solito non manca. Gli Amen Osa (di cui Angyo Onshi dovrebbe essere la traduzione in giapponese) sono agenti speciali del governo centrale: vanno in giro per la nazione ad accertarsi che i signori feudali governino bene, altrimenti li ammazzano; il governo centrale e' caduto e degli Amen Osa ne resta piu' uno solo che se ne va in giro apparentemente senza uno scopo disinteressandosi delle sofferenze che incontra lungo il cammino, insensibile e spietato, sordo al dolore degli altri: ma, naturalmente, solo in apparenza. In realta' a saperlo prendere gli si puo' chiedere aiuto e salvare il proprio paese. Come fa un uomo solo a battere l'esercito di un lord? Non grazie a straordinarie arti marziali, ma per il potere del suo medaglione in grado di evocare un contro-esercito di ubbidienti guerrieri fantasma (un po' come il Re Scorpione e i Soldati di Anubi): gli effetti speciali sono molto ben realizzati, la caratterizzazione grafica di personaggi e luoghi, per non parlare dell'animazione, sono ottime, nitide e abilmente digitali. L'ambientazione e' un fantasy con armi da fuoco, demoni e mistiche protesi meccaniche (un po' come Sayuki): nel film vengono raccontate due avventure dell'Amen Osa e il suo incontro con il personaggio secondario, la sua guardia del corpo che starebbe alla grande in un Soul Calibur. Il progetto originale, il manga da cui e' tratto, e' di provenienza coreana: ma il successo avuto nella traduzione giapponese ha spinto soldi nipponici portando l'anime ad essere una valida coproduzione; c'e' qualcosa nel modo in cui i coreani realizzano i loro prodotti che li fa rassomigliare visivamente un po' tutti, soprattutto per l'uso computerizzato di colori e lo stile d'animazione: guardate la non piu' cosi' nuova trilogia di Kenshiro e poi questo Shin Angyo Onshi, le somiglianze sono evidenti. Esteticamente di elevata fattura, narrativamente migliorabile: alcune scene pregiatamente strutturate, una certa prevedibilita' nell'andamento complessivo, alcuni dialoghi buoni altri invece scontati; l'assenza di inizio e fine, il fatto che sia un capitolo in mezzo nella vita di un personaggio: l'unica e' sperare in un seguito ma e' facilmente immaginabile che sia concluso cosi'.