The Address Book (Id, 2020): è uno dei migliori saggi che ho letto quest'anno, è stato variamente acclamato come uno dei migliori saggi del 2020.
Si parla di indirizzi. 
Indirizzi di casa. 
Storia degli indirizzi, come si sono sviluppati negli USA, in Europa e in Asia; si parla del valore sociale ed economico degli indirizzi. Si parla del perché sia tanto complicato cambiare il nome di una strada (o piazza o altro).
Gli indirizzi sono una cosa importante.
Secondo l'autrice, tanto per prendere l'esempio dall'introduzione, il 40% delle leggi approvate dal 'comune' di New York, una delle più potenti, vaste, complesse ed economicamente ricche istituzioni al mondo riguarda il 'naming' delle strade.
Sempre dall'introduzione: UPU, Universal Post Union, ovvero l'associazione internazionale che gestisce il traffico postale internazionale, afferma che la maggior parte delle abitazioni al mondo non ha un indirizzo, e non si parla solo di terzo mondo, anche larga parte dell'America rurale, per dire, non ha indirizzi individuati definiti. Senza poi andare a scomodare il problema di chi una casa non ce l'abbia.
Uno dei temi centrali del libro è spiegarci l'importanza di avere un indirizzo: avere un indirizzo permette a una persona di avere un'identità pubblica riconosciuta dallo stato, senza un indirizzo non puoi votare, chiedere un prestito, ricevere assistenza sanitaria e fare un sacco di altre case... come pagare le tasse o essere trovato dalla polizia. 
Una delle caratteristiche storiche degli stati moderni è l'assegnazione di indirizzi (e cognomi) ai cittadini/sudditi per poterli contare, trovare e controllare.
NOTA: l'autrice mi ha immediatamente, automaticamente conquistando quando, parlando di persone numerate dallo stato, ha squisitamente pensato di citare il Prigioniero (la citazione è di uno dei suoi intervistati, ma lei ha deciso di inserirla nel libro).
Il libro è così suddiviso: dopo l'introduzione, il primo capitolo parla di Sviluppo e propone l'esempio di Calcutta (che non si chiama più così, ma io sono vecchio e comincio a usare il nome delle cose che non ci sono più) e Haiti. Persone con un indirizzo possono essere rintracciate in caso di epidemia e possono essere assistite da associazioni umanitarie. 
NOTA2: più o meno tutti i capitoli del libro sono intitolati a una città o stato, ma all'interno dei capitoli succede spesso che si parli principalmente, a livello di parole scritte, di un altro posto per spiegare quello in oggetto. Per esempio, nel capitolo su Haiti si parla tantissimo di Londra: la Londra di inizio '800 era più sviluppata della Haiti del 2010.
Il secondo capitolo è sull'origine del concetto di 'indirizzo': i romani non avevano indirizzi, fondazione della Royal Mail a Londra e organizzazione dei cognomi delle persone; Vienna; Philadelphia; Korea e Giappone. 
La parte sul Giappone mi è risultata particolarmente interessante, come al solito, perché spiega qualcosa a cui non ho mai realmente dato peso o fatto caso: c'è un motivo se quando qualcuno chiede un'indicazione stradale in un film, anime o manga o libro, il giapponese che risponde disegna sempre una piccola mappa.
I due capitoli successivi sono in qualche modo connessi tra loro: Politica, Iran (e Parigi) e Berlino; Razza, Florida, St. Louis e Sud Africa.
L'autrice si chiama Deirdre Mask: avvocato afroamericana di successo dedicatasi alla scrittura, questo è il suo primo libro. 
... mentre interessanti come i precedenti, questi capitoli tradiscono alcune debolezze nel pensiero dell'autrice, preconcetti che inficiano alcuni dei suoi ragionamenti e (di)mostrano il suo non essere una ricercatrice professionista. 
Gli aspetti descrittivi della cronaca dei cambiamenti nei nomi delle strade per motivi di successione politica o sociale vengono affiancati a commenti personali che possono risultare... ah... controversi?
Sgraditi? Inutili? 
La Mask non è una studiosa di vocazione. E' una che si è interessata a un argomento, quasi un hobby, e ha scritto un buon libro sul tema in un momento dove, forse, alcuni dei suoi commenti e visione sociale hanno aiutato la pubblicazione invece di far storcere il naso all'editor incaricato di controllarlo. 
L'autrice parla di Iran di Irlanda e Ira, parla di Berlino, Nazisti ed Ebrei e sceglie di considerare questi problemi di carattere politico; mentre parlando di America, Razzismo e Neri sceglie di identificarlo come un problema di razza. 
I nazisti che cambiano i nomi ebraici di strade per intitolarli a eroi del reich, e poi, dopo la guerra, il problema di ex-nazisti che non vogliono che i nomi tornino intitolati agli ebrei è in qualche modo diverso rispetto a quello di ex-confederati che non vogliono che i nomi delle strade intitolate agli eroi schiavisti del sud vengano sostituiti da nomi di eroi di colore.
C'è una spiegazione molto semplice: l'autrice è nera e americana.
Il problema degli ebrei e dei tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale in Europa è qualcosa di 'storico' e 'politico' perché lontano; il problema dei neri e delle leggi razziali e della Guerra Civile America è invece qualcosa di 'personale' e 'razziale' perché vicino. 
C'è una faziosità nell'approccio ad argomenti simili che diminuisce la forza delle sue argomentazioni.
Tutto ciò detto, i capitoli sulla razza e specialmente quello sul Sud Africa contengono un numero di osservazioni brillanti e sinceramente sentite come, immagino, solo chi abbia vissuto/viva quella stessa, particolare situazione può comprendere ed esprimere
Mia moglie direbbe che parlo come il solito bianco privilegiato, ma vorrei solo sottolineare la parzialità e differenza di misure nel raccontare aneddoti assimilabili sul trattamento politico/sociale dei nomi delle strade.
In questo senso, il capitolo successivo è la dimostrazione più lampante di questa non obbiettività. 
Dopo aver parlato di politica e razza, la Mask spiega come gli indirizzi siano anche uno strumento di controllo e separazione di 'classe': a Manhattan è possibile pagare per cambiare l'indirizzo di un edificio per averne uno più 'bello'.
Il palazzo tra via Rossi numero 2 e via Rossi numero 6 potrebbe, a New York e in altri posti, chiamarsi via Rambo numero 1.
Entra in scena Trump.
L'autrice non nasconde il suo disgusto per il presidente, il libro è recente e finito di scrivere con Trump presidente, e soprattutto per i modi della sua carriera.
Trump è direttamente accusato di aver promosso crimini d'odio come presidente, e aver attivamente partecipato al divario economico quando imprenditore.
La chiusura del libro prende una svolta politicizzata che, forse, segue in qualche modo il processo d'indagine dell'autrice. 
Immagino una Mask interessarsi come hobby, come scrivevo prima, alla questione degli indirizzi; proseguire nell'indagine e scoprire l'importanza e il valore sociale degli indirizzi; proseguire nell'indagine ed essere testimone delle ingiustizie del mondo, esserne colpita e mossa a pietà/rabbia per averne uno dei maggiori perpetratori come capo del proprio stato.
Tutto questo sembra riflettersi nella progressione dei capitoli del libro.
La prima metà è certamente la parte migliore. 
La chiusura affronta il problema dei senza tetto e chiude il cerchio delle persone senza indirizzo passando da Calcutta a New York, realtà impossibilmente distanti tra loro eppure accomunate da questo stesso problema sociale. 
La conclusione offre alcune delle possibili soluzioni del futuro: indirizzi digitali e individuali assegnati alla persona e non alla proprietà di una casa. C'è spazio anche per una breve, accademica discussione tra il valore pratico di questa svolta nella concezione degli indirizzi e il valore storico del modo tradizionale.