Maxwell's Demon (Id, 2021): questo libro mi ha fatto aspettare 14 anni, quindi ho deciso di farlo aspettare anche io. 
Ho resistito solo qualche mese. 
E' il secondo romanzo di Steven Hall, quattordici anni dopo il suo esplosivo e straordinario debutto: The Raw Shark Texts, le Memorie di uno Squalo. 
Quando si entra in casa mia ('nostra', naturalmente, ma in questo caso è qualcosa che riguarda me), la prima cosa che si vede sono le foto dei miei cani passati e presenti ('miei', non 'nostri'), la seconda è il quadro del Ludoviciano che mi porto dietro da allora.
Il primo libro di Hall è tra i miei libri preferiti in assoluto. 
Il secondo libro non è all'altezza: non è male, l'ho letto volentieri, è divertente e scritto bene, ci sono diverse buone idee; idee che, però, sembrano molto simili a quelle del suo primo libro e che, nel frattempo, sono diventate molto comuni in un certo genere di speculative fiction letteraria. 
Hall non tradisce le sue influenze, le manifesta e fa proprie, cerca di possederle per dimostrare autorialità genuina, ma allo stesso tempo sembra spiegarle, semplificarle e ridurle. 
Vediamo un po': il titolo deriva da un thought experiment che ipotizza uno scenario in violazione del secondo principio della termodinamica e il concetto di entropia.
Maxwell's Demon è un libro postmoderno, che oggi sembra già datato, e riprende le idee di Raw Shark Texts con i disegnini fatti di parole, come il Ludoviciano, per lo più foglie in qui. 
Più incasinato ed estremo: per leggere tutto si è costretti a ruotare il libro, frasi iniziano in una pagina e finiscono nell'altra attraversando il bordo, in alcuni casi è necessaria la lente d'ingrandimento (ed è un gesto formidabilmente espressivo in un libro che è circa un giallo).
NOTA: una volta avevo una lente d'ingrandimento. Ho avuto più di una lente d'ingrandimento negli anni, quando ero bambino era un oggetto comune e un comune desiderio per un bambino da possedere. Adesso non più. Fortunatamente c'è un trucco nel libro e non è davvero necessaria.
L'esistenza del trucco tradisce il senso del libro: l'autore ha idee ma le mina con il timore che il lettore non le capisca, c'è almeno sopravvalutazione di sé. 
La storia, circa: c'era una volta un famoso scrittore. C'è un figlio del famoso scrittore, anche lui scrittore ma mediocre e un fallimento; c'è un pupillo del famoso scrittore, un genio anche superiore al maestro, autore di un testo impossibile. 
Tutti e due hanno scritto un solo libro: al primo non è stato offerto di pubblicarne un altro, il secondo si è rifiutato in contrasto con il suo editore. 
C'è qualcosa di autobiografico nella caratterizzazione degli scrittori protagonisti: sono scrittori, hanno scritto un libro e poi basta, e altro.
Il libro è scritto in prima persona dal figlio: l'autore parla con i suoi lettori, racconta quello che gli è successo come ricordi, altre volte quello che gli succede come se stesso capitando 'ora'. 
Il pupillo manda al figlio una lettera con una foto, succedono cose e il figlio si mette a fare l'investigatore dilettante: scoprire cosa sia rappresentato nella foto, scoprire il segreto del pupillo, scoprire se stesso. 
Tutto il libro gira intorno al potere della parola, nel senso del potere della parola sulla realtà: il potere dei nomi, la conoscenza come energia; si parla di Gutenberg e di Faust, della Bibbia e delle sue interpretazioni, degli apocrifi e... Dan Brown è citato più volte, quasi apotropaico come a dire: so di stare facendo qualcosa come Dan Brown, ecco che lo riconosco, non vogliatemi male. Si parla del Book of Words e del Book of Works, concetto cristiano che funziona meglio in inglese, come, a dirla tutta, anche alcune delle idee primarie del libro. 
E' un libro che è un libro che parla di libri: la Bibbia, i due libri scritti dai due autori, i due libri che gli autori stanno scrivendo o hanno scritto e non pubblicato, e il libro che stiamo leggendo e lo scrittore/personaggio sta scrivendo mentre leggiamo.
In pratica c'è tutto quanto visto in non so quanti altri libri a partire da Raw Shark Texts fino a Libriomancer e tutti quei fantasy con i personaggi che escono dai libri, o i libri che manipolano la realtà. 
Hall veicola svariate teorie e il loro esatto contrario, parla di Twitter come un luddita e della tecnologia come il male, poi esprime l'opinione opposta. 
Infine delude molto nel finale: troppo facile, troppo banale. Hall sceglie di mostrare la propria consapevolezza dei basic plots e assecondarli, ancora una volta, con l'idea di ammaestrarli e trasformarli in idee brillanti, ma non riesce. 
Maxwell's Demon è divertente ma si parla addosso, non prende posizione, sente il bisogno di spiegarsi e giustificarsi.
Bisogna sforzarsi di non paragonarlo a Raw Shark Texts.
SPOILER SPOILER SPOILER
Imogen è il pupillo. Il figlio vive in una specie di simulazione da quando l'ha incontrata (circa): una versione ridotta di Truman Show, ma sto pensando a qualcosa di diverso che adesso non riesco a identificare; tutti intorno a lui fingono, gli fanno vivere un'avventura il cui scopo è manipolarne la mente per fargli vedere il mondo come sua moglie/non-fratello, e così facendo dargli il potere di usare i libri per scrivere la realtà. 
Circa, ma è più o meno così.
Ah, c'è una figlia morta che lei gli ha tenuto nascosto e vuole che lui usi il suo potere per resuscitare, e così succede.