La Vita Segreta delle Città (The Secret Life of Cities, 2016): c'è qualcosa di strano qui. Einaudi non la racconta tutta o bara proprio.
Questo sarebbe il secondo libro dello scrittore americano di origine indiana (dell'India) Suketu Mehta, autore di Maximum City, vincitore o quasi vincitore di tanti premi.
Cosa non quadra?
E' uno scrittore in lingua inglese. Questo libro in lingua inglese non esiste. Esiste solo in Italia e in Spagna.
Mehta sta scrivendo un libro con questo titolo ma, in un'intervista datata 3 mesi fa, lo definisce un "mountain stopper", un libro fisicamente imponente.
Questo libro pubblicato da Einaudi non arriva a 100 pagine.
Einaudi ha pubblicato un libro di meno di 100 pagine citando come titolo originale un libro inesistente. Cosa esiste è una serie di letture, lezioni, che l'autore ha svolto in giro per il mondo nell'ultimo anno: questo ciclo di letture è composto da 3 parti che si trovano perfettamente distinte nella pagina pubblicitaria messa online dall'Università di Harvard.
Queste 3 parti corrispondono ai 3 capitoli di questo presunto libro.
Potrei tranquillamente essere smentito, ma la mia piccola indagine parrebbe dimostrare che Einaudi abbia compilato i testi di 3 lezioni tenute da Mehta sotto il titolo complessivo di 'The Secret Life of Cities', che dovrebbe anche essere il titolo del suo prossimo romanzo, e poi abbia fatto un po' di marketing creativo per descriverlo.
Essendo letture pubbliche si spiega e comprende come mai, nel corso del testo e specialmente ripetutamente tra i 3 capitoli (cosa che sarebbe assolutamente insensata trattandosi di un testo realmente unico), l'autore citi il proprio famoso esordio più volte, autoreferenziandosi e facendosi pubblicità.
Sarebbe assurdo all'interno di un vero prodotto preparato per la pubblicazione, è comprensibile in queste trascrizioni di letture orali.
La Vita Segreta delle Città è una raccolta di essay che, per quanto mi sia dato capire, esiste solo in Italia e Spagna (ho spulciato tutto l'ultimo anno dell'account twitter di Mehta, la versione italiana compare pubblicizzata, e solo la versione italiana, quindi penso sia comunque un prodotto ufficiale).
Niente vieta che Mehta abbia deciso di pubblicare questi suoi testi prima in Italia, per qualche motivo (magari) mercato a lui amico... no, dai. E' una stronzata.
Vogliamo fare torto a Einaudi per aver pubblicato questo non-libro di un autore che, così a occhio, sembrerebbe un grande meteorite quasi premiato con il Pulitzer, sparito per 12 anni, tenuto in vita da una serie di incontri pubblici sul tema degli immigrati nelle grandi città?
Sì, per il marketing al limite del fraudolento; no, perché è una lettura decente, non troppo impegnativa, che interesserà gli appassionati di nuova mitologia urbana.
Mehta cita persino il grande mostro Detroit.
Nel primo capitolo si parla della storia ufficiale delle Città, la storia istituzionale, opposta alla storia bugiarda composta ad arte dagli immigrati che le vivono. Storie del tipo: 'ciao, mamma, qui va tutto bene, sto avendo un sacco di successo e vi manderò presto un po' di soldi', scrive la giovane prostituta indiana che è stata appena battuta dal pappone sorpresa a nascondere qualche dollaro da spedire alla famiglia morente di fame a buco di culo, India.
Queste storie inventate dagli immigrati per il pubblico a casa, nelle quali l'orrore possibile della vita d'immigrato viene nascosto e mascherato per far star tranquilli, o per imbarazzo o per vergogna, sono in contrasto con l'esistenza statistica delle città, etc etc. E' il migliore dei tre capitoli, il più interessante anche da un'ottica puramente di interpretazione del contemporaneo.
Nel secondo capitolo si parla di saudade e della tristezza congenita nelle città, fatte di persone e sofferenze e ricordi delle città dove vivevamo prima di queste dove viviamo.
(il libro parla solo di immigrati).
Nel terzo capitolo si parla di questa nuova categoria di persone 'interlocali' che non sono apolidi, non sono cittadini del posto dove vivono perché non vogliono dimenticare il posto da dove provengono, non sono cittadini del posto dove provengono perché gli piace dove vivono. Sono questi immigrati che non si integrano e vivono in uno spazio customizzato tra le due estremità.
Questo è un altro capitolo interessante per l'interpretazione dei comportamenti degli immigrati, sarebbe una lettura utile per i legislatori che non si spiegano certi problemi di integrazione sociale e disuguaglianza, ghettizzazione volontaria, etc etc.
Alla fin fine è una bella lettura, superficiale data la brevità, che potrebbe dare origine a un vero romanzo. Einaudi è un editore verso cui provare diffidenza.