Nobody Knows: una donna e suo figlio si presentano al proprietario del nuovo appartemento in cui si sono appena trasferiti; suo marito e' via per lavoro e lei, e il suo unico figlio, saranno silenziosi e rispettosi inquilini. Pochi minuti dopo da due delle valige piu' grosse vengono estratti festanti e contenti due figli piu' piccoli, e quella sera piu' tardi una terza figlia verra' fatta sgattaiolare di nascosto in casa. A questo punto si capisce che le cose non andranno bene; del film non ricordavo nulla, salvo che il figlio maggiore fu vincitore come migliore attore (14 anni) al festival di Cannes dell'anno scorso. Di giorno la madre e' fuori per lavoro, di notte e' fuori con uomini; i figli non devono mai uscire di casa, non vanno a scuola, non devono fare rumore perche' se fossero scoperti sicuramente sarebbero costretti a cambiare casa o, peggio ancora, divisi e affidati in custodia: Akira, il protagonista, si occupa di tutto al meglio delle sue possibilita'. L'atmosfera e' allegra, la madre e' buona e solamente molto occupata, i fratelli sono ubbidienti e vanno d'amore e d'accordo anche se sono tutti di padri diversi. A questo punto si ha la certezza che le cose andranno male: un giorno la madre non torna piu', ogni tanto manda dei soldi ma i bambini sono ora completamente abbandonati a se stessi. Il punto del film e' verso meta': le regole sono ormai ignorate, i bambini fanno casino, escono, entrano, giocano, non si preoccupano piu' di essere scoperti; e di fatto vengono sorpresi e visti, ma ignorati. Nessuno si preoccupa, nessuno interviene, si lascia semplicemente che sia cosi'. Se vi e' capitato di vedere qualche altro film di Hirokazu Koreeda (After Life e Maborosi, indietro per il blog) saprete che i suoi toni sono smorzati, tranquilli: non si corre verso la rovina, non ci si scompone per drammi abrupti; la disperazione non lacera o strappa, ma si insinua lentamente invadendo pesantemente, assorbendosi nei corpi illuminati da chiarori appannati inquadrati sempre piu' nel particolare. Per tutto il film non c'e' mai il pericolo di una lacrima o un'emozione cosi' forte da commuovere, il melodramma e' evitato e allontanato: essendo davanti agli occhi di tutti, splendente e incosciente e' tanto piu' facile ignorarlo pur guardandolo, distanziarlo in virtu' della propria evidenza. E' un gioco sottile, lo stile di un accusa non pronunciata, e alla lunga e' anche vagamente noioso nel tono piatto privo d'ondulazioni, e soprattutto privo di un finale conclusivo perche' in sintesi non c'e' risolvimento per una situazione di cui nessuno si preoccupi. La recitazione dei bambini e' straordinaria, ma il merito e' tutto del regista: nessuno di loro ha da interpretare un ruolo vero, non c'e' una storia in cui si susseguano avvenimenti o si abbia ad interagire con situazioni che richiedano reazioni; discorso diverso per il protagonista (che pero' non ha piu' fatto film, o almeno non ancora): il premio a Cannes suppongo vada in principal modo dedicato alla sua eta', e anche se tanta parte ne ha la fotografia che lo riprende, la sua espressione e i gesti riescono credibili e suscitano la delicata partecipazione richiesta nello spettatore. Rubando un pensiero (alla recensione allegata nel link) e' di grande interesse notare come una trama del genere sarebbe assurda e irreale qui da noi: da secondo di tre fratelli posso con senso affermare che il sentimenti verso i fratelli piu' grandi e piu' piccoli e' quasi sempre virato all'astio piuttosto che al totale rispetto e devozione; ci puo' essere unita' naturalmente ma la nostra e' una cultura da Piccole Donne in cui la storia di Nobody Knows non potrebbe mai avere un luogo credibile.